
Quand’ero ragazzo, a casa nostra viveva una pianta diversa da tutte le altre, era una presenza ingombrante e pericolosa, con fiori allarme rosso e il fusto ricoperto da spine aguzze e irritanti, un’ospite notevole, da trattare con rispetto.
In autunno, con il calo delle temperature, la spostavamo dalla terrazza dove passava la bella stagione, al davanzale della finestra del salotto.
Evidentemente era un luogo adatto a lei, luce in abbondanza e il tepore del termosifone in basso.
Sono passati molti anni da allora; il tempo cambia le cose.
Seguendo il destino del suo grande cuore, mia madre ci ha lasciati nel primo giorno di primavera dell’anno scorso.
L’assenza è stata dolorosa per chi l’amava, ma non meno colpito è stato anche tutto il mondo vegetale che gravitava intorno a lei.
E così me ne sono occupato. Ho spostato dalle terrazze e messo al riparo le piante che ne avevano bisogno, alcune sono state sistemate da amici e parenti.
Più o meno una volta alla settimana andavo a trovare quelle rimaste in casa, cambiare l’aria e annaffiarle se serviva.
Alcune erano anonime piante verdi che non dicevano molto, ma altre avevano un carattere particolare, come lo sfacciato Amarillo, una pianta solitaria che viveva nella terrazza a vetri e che nei primi freddi mesi dell’anno esplodeva in un maestoso fiore rosso, o la timida Clivia, che forse aveva qualche problema irrisolto e che non fioriva mai bene come quella della zia Camilla.
La primadonna però era lei, l’Euforbia Milii, quella che ogni autunno si trasferiva sul balcone in alto al sole e in primavera tornava a godersi la bella stagione in terrazza.
Venduto l’appartamento della mamma, l’ho portata con me.
Questa meraviglia spinosa, esposta al poggiolo di una lunga terrazza rivolta al sole di mezzogiorno, credo abbia trovato la posizione adatta a lei, perché si è ricoperta di foglie e fiori per tutta l’estate.
Con l’arrivo di ottobre però, le temperature sono calate; la guardavo con una lieve apprensione, non avevo idea di dove avrei potuto spostarla per proteggerla dal freddo invernale.
Ho pensato ad una serra, da sistemare in terrazza, mi è stato consigliato di usare il non-tessuto … Io ci ho provato. In un angolo relativamente tiepido l’ho coperta con cura ma nonostante questo ai primi freddi l’ho vista soffrire.
Alla fine l’ho portata dentro casa.
Il mio appartamento è piuttosto piccolo, non ho molto spazio, ma sono riuscito a trovare un po’ di posto anche per lei.
E’ trascorsa circa una settimana da quando l’ho messa al riparo e stamattina, con a terra un gran numero di foglie e fiori caduti, ho preso la scopa per ripulire il pavimento, poi mi sono seduto e l’ho guardata meglio chiedendomi cosa fare di lei.
Dopo poco, osservandola con attenzione, cercando istintivamente di comprendere il suo punto di vista, di mettermi nei suoi panni, nei suoi tempi, nei suoi relativamente lenti processi biochimici, ho colto un segnale.
A modo suo mi ha ringraziato.

Grazie Licia, grazie Alessandro, grazie Marco, per aver valutato (inconsapevolmente forse) la prima revisione.
Grazie di cuore compagni della 5° G del Liceo da Vinci di Treviso, per aver partecipato alla chat in seguito alla pubblicazione della seconda revisione ed in particolare a Remo che mi ha regalato un’idea esplosiva per il testo.